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Califano libero e scorrettissimo, tutto il resto oggi è noia | CulturaIdentità

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10 anni fa ci lasciava Franco Califano, il Califfo. E noi siamo ancora qui ad ascoltare le sue canzoni, quella sua voce roca che cantava quella vita agitata. Prima di andarsene disse: “Non escludo il ritorno”: era la canzone scritta insieme a Federico Zampaglione, il cui titolo sarebbe diventato, dopo la scomparsa, l’epitaffio sulla sua tomba. E in un certo senso non se n’è mai andato. Ma che effetto farebbe oggi, quando per non offendere minoranze e sensibilità varie vengono cambiati i titoli delle opere d’arte e sostituiti i nomi nei più celebri romanzi della letteratura mondiale? Lui, che frequentò Francis Turatello senza nasconderlo (sulla copertina dell’album Tutto il resto è noia c’è suo figlio piccolo, Eros Turatello; album che nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre Rolling Stone Italia colloca alla posizione numero 57), andava contromano ed era politicamente scorrettissimo già allora: libertario, anticonformista e (come Fred Buscaglione che aveva anticipato il rap) traghettatore in musica del mito della strada e dunque anticipatore della trap che piace tanto oggi (ma gli odiatori della trap, con i quali ci mettiamo risolutamente anche noi, non ce ne vogliano). Oggi chissà se le radio passerebbero le sue canzoni: Minuetto, La musica è finita, Una ragione di più, E la chiamano estate, La mia libertà e ovviamente Tutto il resto è noia. E ne abbiamo citate solo alcune. Erano anni d’oro quelli, fra concerti, sbronze, night e successo. Eppure dovette pagare (anche allora, epoca meno sciocca dell’attuale) un prezzo al suo essere maudit, un prezzo tradotto in meno palchi di quanti ne avesse potuti meritare: “Io sono liberale, anticomunista”, diceva. Per questo dovette pagare il fio delle sue colpe: in fin del conto siamo sempre lì, se non sei della parrocchia giusta nello spettacolo non tutte le porte si aprono. Al gabbio nel 1970 per questioni di bamba e poi ancora nell’83 insieme al povero Enzo Tortora (assolto con formula piena), una vicenda vergognosa sempre d’attualità (Gaia Tortora, la figlia del “re di Portobello”, ha appena pubblicato un libro intitolato Testa alta e avanti). Come e più di Gene Simmons dei Kiss, che si vanta di aver fatto all’amore con più di mille donne, disse di essere stato in tutto con 1500, stando almeno a quanto leggiamo in libri come Il cuore nel sesso e Il Calisutra. Fece incazzare le femministe nel 2009 quando il Comune di Roma lo inserì in una rassegna dedicata all’8 marzo: presero le distanze schifate perché evidentemente non sapevano che lui era lo stesso che cantava “L’amici intorno a me, me chiedono de te / tanto pe’ fa ‘na cosa / saluto e scappo via” e “Se mi dici che ti manco anch’io / ti raggiungo e addio passato mio”, in Ma che serata è e Primo di settembre. Era un latin lover e un galantuomo, non dava in pasto alla cronaca le donne con cui stava, anzi le proteggeva e lasciava che fossero solo quelle delle relazioni importanti ad essere accostate a lui: come Mita Medici, che gli fu presentata da un altro grande che ci ha lasciati proprio in questi giorni, Gianni Minà. Oggi sono 10 anni che Franco Califano ci ha lasciati e sentiamo che in giro ci sono sempre meno artisti e sempre più conformisti.

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