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Intervista a Cristiano Tomei, che firma la cucina di Corteccia a Milano

Ha aperto a Milano Corteccia, che accoglie la primavera con un nuovo menù

Al civico 12 di Corso Europa, a pochi passi da Piazza San Babila quindi nel pieno centro di Milano, da poche settimane ha inaugurato Corteccia: porta la firma fortemente identitaria dello chef stellato Cristiano Tomei, origini toscane e una cucina geniale che unisce territorio, tradizione e apertura al mondo. E, ovviamente, se è vero com’è vero che è legata al territorio, segue anche le stagioni: oggi, primo giorno di primavera, il menù cambia. Tomei, chef una stella Michelin con L’imbuto di Lucca e anche volto tv, approda per la prima volta a Milano con il format ristorativo di Corteccia, ideato e realizzato da Food Media Factory. Abbiamo chiesto a chef Tomei di accompagnarci dentro questa osteria contemporanea e i suoi sapori.

Come valuti questa tua avventura milanese?

Non sono a Milano per fare il più bravo, faccio Cristiano a Milano. Abbiamo persone che vengono in pausa pranzo dagli uffici, anche giovani. La soddisfazione è sentirmi dire ‘Ho mangiato bene, grazie’. Già sei stressato, perché fare una pausa pranzo in cui non ti godi il piatto? C’è però una cosa sopra a tuttoche voglio sottolineare: la densità del sapore è dentro ogni piatto.Una cosa buona è densa di sapore: noi cuochi dobbiamo intervenire per lasciare che il sapore trionfi. Il sapore ti sazia nella pancia carnale ma anche nella pancia del sentimento.

Corteccia non è L’imbuto.

Di Imbuto ce n’è uno, gli altri progetti devono essere diversi, devono adattarsi al contesto in cui si inseriscono. Qui in San Babila ci interessava creare un’occasione di condivisione, che fosse coinvolgente. L’Imbuto è la mia casa, c’è una squadra che lavora insieme da tanto tempo e – me lo dico da solo, permettetemelo – c’è una complessità di cose di altissimo livello. Corteccia mi piace perché a pranzo vedo un sacco di sorrisi.

Bistecca Primitiva foto di Lido Vannucchi

Corteccia come la corteccia della bistecca primitiva, una delle tue ricette simbolo?

All’inizio non l’ho messa nel menù perché non c’era il tempo tecnico, ma adesso è presente. Io generalmente non do i nomi ai piatti, li lascio dare agli altri: in questo caso noi la chiamiamo la corteccia perché la carne si serve appunto su un pezzo di corteccia, quindi c’è un omaggio a questo nome. È un piatto molto importante nella mia pazza carriera. Porteremo un po’ della pineta di Viareggio a Milano. Aggiungo: Milano è circondata da campagne complesse e la natura è importantissima e deve penetrare nella mia cucina.

Cioè?

I menù seguono quello che la natura ci dà. Non dico siano sostenibili perché non mi piace questa parola, che a volte nasconde bei proclami. Sono cresciuto sul mare ma con un nonno contadino, ho un rapporto stretto con la natura. La nostra è una lista di pietanze (non c’è divisione tra primi e secondi, nda) e questo ha avuto un impatto sulle persone, che si confrontano sui piatti assaggiati. Non mi piacciono le categorizzazioni: qui si mangiano cose goduriose, a volte anche grasse. Per esempio i Pennoni panna e prosciutto. Grasso su grasso è un paradosso, molto appetitoso e digeribile, perché i grassi buoni lo sono.

Sorprese nel nuovo menù?

C’è la minestra di pesce, con cui sono cresciuto. Io non rivisito un bel niente. Rivisitare, altra parola che non mi piace: le ricette sono tecnicamente più approfondite, ma il brodo è passato al passaverdure e non frullato. Questo piatto è molto evocativo, complesso e confortevole. Ci sono note amare, piccanti, acide, c’è il sapore del pesce. Secondo me sarà un successo (poi naturalmente si viene e si vede), le minestre non le fa quasi più nessuno e mi chiedo perché. A Milano si mangia il pesce, però un pesce adatto a Milano.

Per esempio?

Il rombo, che è intenso, grasso, si tratta quasi come una carne. E infatti per noi è una wellington di rombo. Abbiamo lo sgombro, passato in una pastella fatta con la zuppa di pesce e dentro la pastella ci sono cozze e gamberi. Di nuovo, perché questi piatti sono scomparsi? E poi in menù c’è anche un po’ di me e di Viareggio e di Luca, con la cecina di scampi. 

Sulla pagina Facebook di Corteccia hai scritto: Voglio che il mio cibo sia un piacere immediato / epidermico / genuino. Da Corteccia nessuno piatto è come lo immagini. Quindi cosa dobbiamo aspettarci?

Pulizia estetica. Siamo talmente viziati che consideriamo l’estetica più importante della sostanza. A Lucca cambiano di continuo i piatti, pensavo di mandare le polaroid prima di servirli. Le foto ai piatti le puoi anche fare, gli smartphone sono strumenti straordinari, però goditi il momento perché se no ti privi di un sacco di emozioni e del piacere della scoperta. Infatti io non voglio spiegare tutto. 

Oltre a L’imbuto, Cristiano Tomei cura la cucina dell’Hotel Bauer di Venezia. Qui, a Corteccia, lo affianca il sous chef Fabio Anello, anche lui proveniente dall’Hotel Bauer e con alle spalle una lunga collaborazione con il gruppo JW Marriott.

Giornalista e assaggiatrice curiosa, scrivo da sempre e parlo tanto, anche in radio dal 1989. Mi sono laureata in Scienze Politiche ascoltando gli Oasis, ho vissuto a Dublino accompagnata dagli U2 e dalla…

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